SOSPESO-CONCERTO CORO ALPINI VALTANARO A TORTONA

A CAUSA DELLE ORDINANZE PER IL CORONA VIRUS L’EVENTO E’ SOSPESO.

Mercoledì 26 febbraio presso il Teatro Civico di Tortona il Coro Alpini Valtanaro si esibirà in concerto per commemorare Carlo Pedenovi  pittore e scultore, la cui attività artistica si è sviluppata nel corso di 50 anni (dal 1953 fino alla morte nel 2010) e si è espressa in forme diverse (disegni, dipinti, sculture).

L’evento, organizzato dal CAI e dal Gruppo Alpini di Tortona  si terrà presso il prestigioso palcoscenico del Teatro Civico.

Carlo Pedenovi – scultore e pittore (1927 – 2010)

I primi segni di una predisposizione all’arte li ha amanifestati fin dall’infanzia plasmando per gioco piccoli animali con la creta e seguendo, con interesse e curiosità, quando aveva solo sette od otto anni, Sala e Patri, due anziani pittori tortonesi, mentre dipingevano nell’orto dei Capuccini. Ma tra la pittura e la scultura, sarà la seconda a prendere il sopravvento perchè fin dall’inizio, sentendosi sopratutto scultore, ha deciso di seguire la propria vocazione plastica che troverà un solido supporto nel disegno, praticato fin da ragazzo, come copia dal vero, per una interna incoercibile esigenza di espressione. Poco più che ventenne il giovane artista ha cominciato a frequentare lo studio genovese di Antonio Marra dove ha appreso i fondamenti del mestiere. Dopo questa proficua esperienza si è iscritto all’Accademia di Brera dove ha frequentato l’aula di scultura di Luciano Minguzzi, un artista che aveva innestato sul tronco del proprio iniziale realismo suggestioni provenienti dall’Espressionismo e dal Cubismo. Nell’arco di tutta la sua carriera ha saputo mantenere un solido legame con la classicità, con i grandi maestri del passato e con il mestiere tradizionale, rivisitandoli però alla luce dei linguaggi contemporanei. Scultore e pittore figurativo, legato a Volpeglino per radici famigliari, ha scelto di vivere in paese per amore della natura e del vario paesaggio circostante. Per essenza scultore ha plasmato argilla e gesso, ha scolpito marmo e pietra. Ha realizzato opere con forme personali e caratteristiche sui temi sacri e profani. Esperto rocciatore ha preso parte a spedizioni memorabili.

(Fonte: sito istituzionale Comune di Volpeglino)

Poco più che ventenne, tra il ’49 e il ’51, il giovane artista, ha affinato la propria predisposizione all’arte, manifestata in forme grafiche e plastiche fino dall’adolescenza, frequentando lo studio genovese di Antonio Morera, scultore e decoratore di impostazione novecentista, attivo a Genova negli anni del Regime, da cui ha appreso i fondamenti del mestiere, le tecniche di modellazione e di scultura che gli hanno consentito di realizzare le sue prime opere significative. Dopo questa proficua esperienza e in seguito all’incontro con Giancarlo Marchese, altro giovane tortonese, scultore per vocazione, insieme al quale ha aperto uno studio nei locali della ex filanda Sironi, Pedenovi si è iscritto nel 1957, all’Accademia di Brera, dove ha frequentato l’aula di Luciano Minguzzi, già insegnante di Marchese, e si è appropriato di quei linguaggi della modernità, in particolare di quello neocubista, che si erano imposti nel dopoguerra nel vivace contesto milanese.

Nell’animato confronto dialettico tra le tendenze del Realismo e quelle dell’Astrazione, Pedenovi si è schierato sul fronte realista, tentando di coniugare nel progetto di una nuova figurazione, le istanze della modernità con il linguaggio della tradizione, sulla scia di quei maestri, attivi a Milano tra il ’40 e il ’60, come Messina, Martini, Marini e Manzù che avevano innestato i linguaggi delle avanguardie sul tronco della scultura antica. L’influsso della stilizzazione neocubista si manifesta nelle opere realizzate nel corso degli anni ’60, sia in quelle grafiche che in quelle plastiche, caratterizzate da forme verticalmente allungate, dai profili taglienti, geometricamente schematizzate e semplificate. A metà degli anni ’60, l’altra sua grande passione, per la montagna e per i viaggi di esplorazione, lo ha spinto a partecipare a numerose spedizioni, sovente nell’ambito delle iniziative del CAI tortonese, in in regioni remote della terra e ad effettuare scalate su alcune delle vette delle catene montuose più elevate, dal Caucaso all’Himalaia, dalle Ande alle Alpi, la più celebre delle quali è stata l’ascesa, in prima assoluta, al Rocciaviva, nel gruppo del gran Paradiso, insieme alla guida alpina di Cogne, Vincenzo Peruchon. Al ritorno dai suoi viaggi ha realizzato cicli di opere che rappresentavano le popolazioni locali, i portatori nepalesi, i gauchos argentini, i campesinos della Bolivia e del Perù, i nomadi delle tribù Dogon e Tuareg del deserto del Mali, colte nelle loro attività quotidiane e nelle loro difficili e sofferte condizioni di vita. Parallelamente, con uno stile del tutto personale e inconfondibile, che aveva via via abbandonato la schematizzazione geometrica per forme più morbide e arrotondate, più vicine al referente naturalistico, Pedenovi ha condotto la sua attività di scultore, affrontando i temi della figura femminile, alla ricerca della bellezza di linee e di forme, e quelli tipici della scultura sacra come le formelle delle stazioni della Via Crucis, le Madonne con bambino, i Santi, i Crocefissi e i monumenti di destinazione cimiteriale.

L’artista si è cimentato anche con le grandi dimensioni nelle sculture che hanno trovato collocazione negli spazi pubblici di Tortona, il monumento all’Alpino, “La ninfa delle acque” e il “Don Orione”, di Alessandria, il bassorilievo per i caduti della Resistenza, e di Castelnuovo Scrivia, “La madre dei caduti di tutte le guerre”, che saranno rappresentate in mostra dai bozzetti preparatori. Infine saranno esposti parecchi esemplari delle opere dell’ultimo periodo, sia i dipinti (alberi, vele, cavalli, maliani nel vento del deserto) che avevano riscoperto il colore, dopo la sostanziale monocromia dei periodi precedenti, e le stesure puntiniste, di origine divisionista, sia le sculture in terracotta con soggetti naturalistici, cavalli e gatti, e umani, figure femminili esposte alla forza del vento, panneggiate con mantelli svolazzanti, e vele, fuse in bronzo, gonfie di vento, tutti soggetti questi ultimi che autorizzano a definire l’artista tortonese come “lo scultore del vento”.

(Fonte: sito istituzionale Comune di Tortona)

Storia CAI TORTONA

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